Le vene varicose: complicanze e trattamenti
Si stima che le vene varicose siano un problema comune a circa il 35% della popolazione europea, con un’incidenza che va dal 15% al 55% negli uomini oltre i 60 anni e dal 20% al 60% nelle donne della stessa fascia di età. Questa patologia cronica ha conseguenze che possono influenzare sia l’aspetto estetico della gamba sia la salute stessa del soggetto che ne soffre. Le complicanze più comuni e severe includono la dermatite, la trombosi venosa e l’ulcera flebostatica. Grazie alla ricerca scientifica, oggi è possibile diagnosticare e curare il problema percorrendo strade più o meno drastiche. Si va dai trattamenti conservativi (come la terapia elastocompressiva e quella farmacologica) fino a quelli chirurgici che, a loro volta, si distinguono in mini-invasivi e invasivi (o tradizionali).
La scelta del percorso terapico da seguire dipende dalle condizioni del paziente, ma non è raro un approccio che coniughi diverse soluzioni. Per una visita di controllo e per scoprire come curare le vene varicose, fissa un appuntamento presso i nostri studi di Bergamo e Brescia. Di seguito, entriamo nel dettaglio delle procedure chirurgiche più utilizzate per porre rimedio a questo problema tanto diffuso nella popolazione.
I trattamenti chirurgici per la risoluzione delle vene varicose
I trattamenti mini-invasivi: la procedura e il decorso
Le procedure mini-invasive includono le metodiche termoablative con fibra laser o con catetere a radiofrequenza tanto quanto l’ablazione non termica con cianoacrilato.
Tramite le tecnologie laser o di radiofrequenza viene generata energia termica all’interno della vena. Il calore danneggia le pareti del vaso fino a che queste non cedono. Di conseguenza, il ristagno sanguigno viene deviato attraverso le vene profonde. Quest’operazione viene svolta in anestesia locale e richiede circa 30 minuti.
Anche il trattamento con cianoacrilato riduce drasticamente i tempi e l’invasività dell’intervento. Come per le metodiche termoablative appena descritte, non vengono effettuate incisioni. Il chirurgo si limita a inserire un catetere nel vaso malato. Di seguito, viene rilasciata una colla che congiunge le pareti della vena fino a farle aderire e a eliminare il reflusso. Questa soluzione non richiede anestesia e non è necessario indossare le calze elastocompressive durante la degenza.
Interventi chirurgici tradizionali: la procedura e il decorso
Alle soluzioni mini-invasive fa da contraltare la procedura tradizionale che viene utilizzata nei casi più complessi in cui la patologia è più estesa. L’operazione viene svolta in anestesia locale e con una blanda sedazione. Il chirurgo effettua delle piccole incisioni con l’obiettivo di interrompere o strappare le vene malate. L’intera procedura può durare qualche ora: il tempo impiegato dipende, ancora una volta, dall’importanza della patologia.
Al termine dell’intervento, il paziente viene monitorato per qualche ora. Da subito, deve essere indossata la calza elastocompressiva tesa a evitare complicanze di ordine vascolare. Il dispositivo deve essere indossato giorno e notte per tutta la prima settimana. Poi, sotto consiglio del medico, sarà possibile passare all’impiego solo diurno per un tempo da valutare di paziente in paziente. È d’obbligo il riposo per i primi quattro giorni. La guarigione richiede un minimo di sei settimane.